L'atleta della quale si è raccontata l'esperienza
(La Riserva) ha subito una distorsione al ginocchio destro senza
lesione dei legamenti o di altra componente articolare. Per tale
infortunio è rimasta fuori dai campi da gioco circa 9 mesi.
Gli infortuni sportivi possono essere classificati
come:
· mild: richiede terapia senza interruzione degli
allenamenti;
· moderate: limita la partecipazione al programma
d'allenamento;
· major: richiede tempi lunghi, spesso operazione
o ricovero ospedaliero;
· sport disabling: impedisce di tornare ai livelli
più alti della performance;
· catastrophic: causa una disabilità permanente,
fine carriera.
Secondo tale classificazione, l'infortunio dell'atleta
in oggetto è un infortunio major.
L'impatto psicologico di un infortunio coinvolge
almeno quattro aree:
1. benessere fisico: dolore, restrizioni temporanee dei movimenti,
possibilità di cambiamenti permanenti, fatica durante la
riabilitazione;
2. benessere emozionale: trauma psicologico al momento dell'infortunio,
sensazioni di perdita e di angoscia, minaccia al proprio livello
di performance futuro, disponibilità al trattamento riabilitativo;
3. benessere sociale: perdita del ruolo, separazione dall'ambiente
sportivo, nuove relazioni con lo staff tecnico, dipendenza;
4. influenza sul "Sé": alterazione dell'immagine
del Sé, minaccia agli obiettivi della propria vita, necessità
di decidere in circostanze spiacevoli, diminuzione dell'auto-efficacia.
Nell'atleta in questione, tutte e quattro le aree
sono state toccate: infatti, erano presenti dolore, restrizione
temporanee dei movimenti (benessere fisico), il ricordo-trauma psicologico
dell'infortunio con sensazioni di perdita (benessere emozionale),
separazione dall'ambiente sportivo e timore di perdere il proprio
ruolo (benessere sociale), alterazione dell'immagine di sé
da dopo l'infortunio, riduzione dell'auto-efficacia con associata
paura di non poter raggiungere l'obiettivo di conquistare un posto
da titolare (influenza sul Sé).
Si veda un
modello esemplificativo di approccio all'infortunio sportivo,
soprattutto da un punto di vista riabilitativo.
Nel nostro caso, non è stato necessario un
intervento chirurgico. Si è effettuata una riabilitazione
non-sport specifica, peraltro, seguita dall'atleta per un breve
periodo ed in maniera incostante; si è aspettato che il soggetto,
dopo molto tempo di lontananza dalla squadra, si sentisse pronto
a rientrare in campo, senza associare nessun tipo di riabilitazione
psicologica. Il risultato è stato l'assenza dal campo per
un lungo periodo: 9 mesi. Una volta rientrata, l'atleta ha dato
una forte impressione di giocare impaurita (utilizzo del tutore
nonostante fosse "perfettamente" guarita) per il timore
di un re-infortunio.
Uno dei protocolli di riabilitazione psicologica
può essere ben rappresentato dal seguente
modello.
Inserire nel Processo di Recupero dell'atleta infortunato
un programma di preparazione mentale può apportare importanti
benefici:
· aumento dell'autostima e dell'elasticità
mentale;
· potenziamento dell'autoregolazione e delle attitudini sport-specifiche;
· migliorare la capacità del controllo del dolore;
· ridurre la paura del re-infortunio.
Il protocollo di intervento prevede:
1. valutazione psicodiagnostica;
2. pensiero positivo e goal setting;
3. training propriocettivo;
4. imagery riabilitativo;
5. self talf.
1. Valutazione psicodiagnostica. E' utile
per conoscere le caratteristiche psicologiche generali dell'individuo
infortunato, quelle sport-specifiche e le risposte emotivo-cognitive
dell'atleta all'infortunio ed al processo di riabilitazione.
Talvolta vi possono verificarsi delle distorsioni
cognitive dell'evento-infortunio quali:
· catastrofizzazione: "non potrò più
tornare come prima";
· generalizzazioni: "perderò la mia velocità
di base" (dopo un infortunio alla spalla);
· personalizzazioni: "perché sono sempre
io a farmi male?";
· astrazioni selettive: "se l'allenatore mi avesse
lasciato allenare a modo mio, non mi sarei fatto male";
· pensiero dicotomico: "se il dottore mi ha detto
che il ginocchio è a posto e a me fa male, vuol dire che
me lo sto mettendo in mente".
2.
Goal Setting e Pensiero Positivo.
3.
Training propriocettivo. In base allo stile percettivo-cognitivo
dell'atleta.
4.
Imagery Riabilitativo. Questo modello mette in evidenza la complessità
e l'efficacia dell'utilizzo dell'Imagery Riabilitativo che prevede
una componente prettamente curativa/riabilitativa, una "consolante"
per la gestione del dolore oltre a quella squisitamente legata alla
prestazione.
Durante il processo riabilitativo, possono
verificarsi delle difficoltà a causa del dolore percepito
dall'atleta. In tal occasione, l'operatore dovrà aiutare
l'atleta a:
· conoscere e capire il dolore;
· osservare e distinguere i diversi tipi di dolore;
· utilizzare le informazioni che il dolore fornisce;
· elaborare strategie di gestire del dolore.
Si otterrà il duplice obiettivo: ridurre la paura e la
negazione del dolore ed incrementare la sensazione di controllo.
5. Self Talk.
SELF TALK
dialogo interno, finalizzato all'incremento
al controllo del comportamento
Utilizzo di parole-stimolo mirato a
favorire l'ottimizzazione:
· dell'esecuzione del gesto tecnico ("tirala
lì")
· dell'autoefficacia ("le mie braccia sono forti")
· del livello ottimale di performance ("vai così")
· del recupero ("ce la posso fare, non mollare")
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